sabato 10 dicembre 2011

Questo necessario 11 dicembre


Scendiamo in piazza anche questa volta e non perché ce lo dicono la Comencini e le amiche romane del comitato promotore di SNOQ (acronimo terribile, derivato dal nome altrettanto terribile dato a un movimento che proprio movimento non è), non perché ci siamo sforzate di dare vita a un comitato territoriale di SNOQ per "fare rete", come si dice nel gergo delle pari opportunità, senza riuscirci nemmeno tanto bene (3 adesioni vere di associazioni, qualche curiosa e un devastante silenzio delle organizzazioni politiche e sindacali locali). Insomma, non scendiamo in piazza nuovamente per fare "massa critica" e basta, per godere di riflesso dell'attenzione mediatica che SNOQ riceve a colpi di spottini firmati, personagge del mondo dello spettacolo, palchi e cantanti, lo facciamo perché i problemi che Se non ora quando? solleva sono tutti gravi, urgenti, importanti e riguardano il nostro presente e il nostro futuro. Le ragazze sono precarie anche da noi, anche da noi le dimissioni in bianco in caso di maternità sono tornate di gran moda, anche qui la violenza contro le donne è un fenomeno diffuso e anche qui, nella più piccola e meravigliosamente autonoma delle regioni italiane, le donne sono discriminate in quanto donne, minoritarie nella politica in quanto donne, considerate spessissimo meno autorevoli proprio perché donne. Vi immaginate di stare in Svezia? Pensate che le pari opportunità trionfino nella nostra ridente regione alpina, che la mentalità maschilista, sessista, sopraffattoria sia cosa d'altri tempi e che comunque non c'entri con noi? Siete sicure/i che basti La donna dell'anno per dire di contare qualcosa anche solo in termini di rappresentazione/comunicazione pubblica?
Venite a dire la vostra domenica 11 dicembre all'Espace populaire ad Aosta. Anche se all'ultimo minuto, siamo riuscite, insieme a Arci gay Articolo 3 e a Legambiente, a mettere insieme un programma ricco di stimoli...


AOSTA - 11 DICEMBRE 2011

MAI PIù CONTRO DI NOI, MAI PIù SENZA DI NOI
Il comitato "Se non ora quando? Valle d'Aosta" aderisce
alla manifestazione nazionale "SE NON LE DONNE, CHI?"

Il Comitato "Se non ora quando? Valle d'Aosta", costituitosi dopo la grande manifestazione delle donne del 13 febbraio scorso, aderisce all'appello, lanciato a livello nazionale, "Se non le donne, chi?" e organizza domenica 11 dicembre un'ASSEMBLEA APERTA A TUTTE/I per far sentire ancora una volta la voce delle donne valdostane su lavoro, diritti, welfare, rappresentanza e comunicazione.

L'appuntamento è all'Espace Populaire in via Mochet 7 ad Aosta.

Questo il programma delle iniziative:
- ore 17.30: incontro con le scrittrici Paola Sansoni e Roberta Anau
Paola Sansoni presenta Raccolta differenziata , edizioni Ibiskos, 2011
La poesia cinica più ancora che comica di Paola Sansoni racconta, attraverso cortocircuiti di parole, l’accanimento delle donne contro se stesse. Un occhio ipercritico scruta corpo e anima della vittima di questi brevi e talvolta folgoranti componimenti poetici e la massacra.
Roberta Anau presenta Oche, asini, rabbini, edizioni E/O, 2011
Acuto e irriverente, tagliente e dissacrante, spiritoso e autoironico, questo libro in cui Roberta Anau, ebrea rispettosa della tradizione (ma non sempre, ma non solo) racconta la sua storia e quella della sua famiglia tra la grassa Ferrara e la più malinconica Torino fino a La Miniera, l’azienda agrituristica che apre in provincia di Ivrea.
Tra buricchi ferraresi e bagna cauda piemontese, una volta cucinate da mamme e nonne, e oggi preparate per turisti italiani e stranieri che arrivano a La Miniera, Roberta ritorna indietro. E in questo “indietro” ci siamo tutte…
- ore 20.00: cena (per chi vuole)
- ore 21.00: ASSEMBLEA APERTA SU DONNE, LAVORO, DIRITTI
Tutta la cittadinanza è invitata a partecipare portando la propria testimonianza e condividendo idee e riflessioni per costruire insieme una società senza discriminazioni, più equa per le donne e quindi migliore per tutti.
"Vogliamo segnare questa stagione politica con la nostra forza, contare sulla scena pubblica, far capire che senza le donne non c’è crescita, che l’uscita dalla crisi passa attraverso il lavoro e il welfare per le donne, e che per questo serve una democrazia paritaria e una nuova rappresentazione della donna nei media".

Per tutta la durata della manifestazione bookcrossing (scambio gratuito di libri) dedicato alla letteratura delle donne e alle politiche di genere e antidiscriminatorie.

Contatti: senonoraquandovda@gmail.com
cell. 347 7722541



domenica 25 settembre 2011

Qualcosa da fare

L'estate non è ancora finita, Siena non è lontana e Dora è sempre stata qui. Insomma, a dirla tutta, tra vacanze, viaggi, tramonti interminabili e albe improvvise come coltellate abbiamo continuato  a incontraci, a discutere, a leggere, a pensare. 
E ora settembre ci sta lasciando e  sono davvero tante le cose da fare.
Riprenderemo il ciclo di incontri Da donna a donna perché abbiamo ancora molto da dirci, tante competenze e pensieri da condividere. Cercheremo forme di collaborazione con la SIL Società italiana delle letterate perché abbiamo avuto la fortuna di conoscere Bia Sarasini e Silvia Neonato, due donne che potranno aiutarci a crescere e a confrontarci con altre realtà. Guarderemo al nostro territorio riprendendo le fila di discorsi rimasti in sospeso: il Comitato Se non ora quando? Valle d'Aosta che dopo le prime adesioni deve ancora assumere una fisionomia certa e darsi obiettivi concreti; le collaborazioni possibili con altre realtà associative regionali, a partire da Arci gay Articolo 3, che con l'organizzazione del Bookcrossing Day ha dato un bel segnale di vivacità culturale possibile anche in valle fuori dai palinsesti stabiliti dai vari assessorati. E poi ci sono idee e progetti che bollono in pentola e aspettano solo tempi e modi giusti per farsi realtà.
Insomma, una bella assemblea di donne critiche, arrabbiate, persino scettiche o deluse, ma pur sempre propositive e desiderose di fare sentire la propria voce è quello che ci vuole per salutare senza rimpianti l'estate e accogliere con ritrovata energia l'autunno che viene.

martedì 28 giugno 2011

Guerra e pace


Associazione DORA - donne in Valle d'Aosta
in collaborazione con Shabel Reporter Associati
MERCOLEDI' 29 GIUGNO, ORE 21
Aosta CSV - via Xavier di Maistre, 19
THE WOMEN'S WAR
storie di donne in guerra e pace
Fotografie di Ugo Lucio Borga
Video di Ugo Lucio Borga e Giampaolo Musumeci
Partecipano:
Rachida Adlani (Presidente dell'associazione donne straniere "Les rayons du soleil")
Giulia Castellazzi (Responsabile della Circoscrizione Piemonte Valle d'Aosta di Amnesty International)
Daniele Mammoliti (giornalista)
Enrico Marcoz (giornalista)
Ranzie Mensah (mediatrice culturale)
Coordina: Anna Castiglion (Referente Ufficio progetti innovativi e pari opportunità
dell'Azienda Usl Valle d'Aosta)
A partire dalla presentazione di fotografie e video realizzati dal fotoreporter Ugo Lucio Borga in Libia durante l'assedio di Bengasi, in Congo e a seguito del "Lord's resistence army" che opera in Uganda e Sudan, l'incontro "The women's war", organizzato dall'associazione "Dora-Donne in Valle d'Aosta" in collaborazione con "Shabel reporter associati", sarà l'occasione per parlare di donne nei conflitti armati in Africa, ma anche di violenza contro le donne nel nostro continente.
Il concetto di "femminicidio", che indica ogni forma di discriminazione e violenza sia fisica che psicologica nei confronti delle donne, sarà il filo conduttore della serata, ma non mancheranno riflessioni sulle forme di "resistenza quotidiana" delle donne e di attiva partecipazione femminile ai cambiamenti sociali e politici che stanno investendo tanto il continente africano quanto il nostro Paese.
Attraverso le testimonianze di chi è chiamato a raccontare la cronaca e le riflessioni di donne che operano attivamente per contrastare discriminazioni e violenza di genere, l'iniziativa intende evidenziare la portata planetaria  del "femminicidio" e l'urgenza di fornire risposte concrete al problema sia  da parte delle comunità nazionali sia a livello internazionale.
Ugo Lucio Borga è un fotogiornalista aostano. Si occupa da molti anni di conflitti, in Africa e Medio oriente. I suoi reportage sono stati pubblicati, tra gli altri, da the Independent, The Observer, Die Zeit, La Vanguardia, Die Welt, Vanity Fair, La Stampa, Venerdì di Repubblica, Sky tg 24, Channel 4, Radio 24, Radio svizzera italiana. Nel 2009 ha fondato, insieme ai colleghi Giampaolo Musumeci e Matteo Fagotto, la Shabel reporter associati, che ha realizzato documentari per televisioni, radio e giornali di tutto il mondo. 

sabato 28 maggio 2011

Orgoglio e pregiudizi

Giovedì sera è stata la volta di Candy Candy, mai dimenticata protagonista dell’anime che forse ha maggiormente influenzato l’educazione sentimentale delle nate (e di alcuni nati) negli anni Settanta. Ne ha detto tutto il bene possibile Francesca Schiavon, accompagnando il pubblico presente in un viaggio allo scoperta dei momenti primigeni dell’animazione nipponica, fruita appassionatamente dall’infanzia nostrana nonostante l’allora diffidenza generale del mondo adulto. L’occasione per rimuovere pregiudizi residui e per scoprire il valore sostanzialmente eversivo di un’eroina, a torto considerata stucchevolmente piagnona, è stata offerta dal ciclo di incontri “Da donna a donna” che Dora ha iniziato a proporre da qualche tempo con l’intento di mettere a frutto le competenze interne all’associazione per perlustrare almeno alcuni tra i tanti temi che riguardano la realtà, la cultura e la politica delle donne. E questo, badate bene, in una comunità come la nostra dove ogni due passi si inciampa in qualcuno o qualcuna che chiede sornione/a a cosa serve parlare di donne in una società in cui le donne, per l’appunto, possono ormai tutto ciò che vogliono e la discriminazione fondata sul genere quando c’è è solo un elemento residuale di un cammino progressivo e inarrestabile dell’umanità tutta verso l’assoluta parità di diritti e possibilità tra donne e uomini. Ma guarda…
Assecondando un inguaribile impulso a replicare, prendiamo ad esempio il Salone internazionale del libro di Torino da poco terminato. Bastano forse due istantanee. 
La prima: nella mostra allestita per celebrare i 150 anni dell'Unità italiana attraverso 150 "grandi libri" e altrettanti autori, le scrittrici presenti erano poche, direi pochissime, scelte quasi esclusivamente in base al successo commerciale ottenuto, specie nel caso di autrici dei nostri giorni. Ci dobbiamo quindi rassegnare, si direbbe, a un ritratto di gruppo in cui, in tempi recenti, trionfano la Lidia Ravera di Porci con le ali, Susanna Tamaro e Margaret Mazzantini, mentre sono del tutto assenti, ad esempio, poetesse del calibro di Patrizia Cavalli, Patrizia Valduga o Vivian Lamarque e assente, incredibilmente, è anche Alda Merini. Sul versante romanzi, sono stati del tutto ignorati i successi di critica e di pubblico di Elena Ferrante, Valeria Parrella, Simona Vinci e Michela Murgia, tanto per fare qualche nome a caso, a vantaggio della sottesa creazione di un canone di italianità letteraria che include, invece, il purtroppo amatissimo La solitudine dei numeri primi e il non scrittore, almeno in senso proprio, Roberto Saviano.
Si può obiettare che anche molti autori uomini sono stati esclusi (ad esempio, perché inserire il commercialissimo Faletti di Io uccido e non il prolifico e bravissimo Carlo Lucarelli?), ma resta il fatto che nell’esposizione torinese  la netta sproporzione tra presenze letterarie maschili e femminili era un fatto evidente.
È un segno anche questo che i tempi non stanno cambiando? Purtroppo sì. Poco importa che da anni si “scoprano e riscoprano” raffinate scrittrici (tanto per dire: Dolores Prato! chi era costei?), a nulla vale che vi siano autrici che nel bene o nel male hanno incontrato il gusto del pubblico e influenzato prepotentemente il nostro immaginario, le donne che scrivono e pubblicano libri restano per lo più un affare da “librerie delle donne”. Insomma, le scrittrici, escluse dal canone letterario nazionale, sono considerate fattrici, nel migliore dei casi, di ossimorici bestseller di nicchia per neo o post femministe e questo è quanto.

Seconda istantanea: la storica casa editrice femminil-femminista La Tartaruga, diventata semplice collana, occupava nel Salone appena un banchetto da mercato nello stand di Baldini Castoldi e Dalai dove trionfava ovunque il faccione di Faletti. La responsabile editoriale – novella Candy Candy con il cuore grande e i lucciconi agli occhi – svendeva a prezzi stracciati un catalogo che in un mondo migliore dovrebbe essere considerato patrimonio nazionale.
Anche in questo caso parliamo di una “serie B” riservata alle donne che, è vero, leggono molto di più degli uomini, studiano di più, scrivono bene, fanno tante cose meravigliosamente (anche i cartoni animati…), ma nulla possono contro un mainstream culturale ancora oggi fondato su un solo genere, quello maschile, proposto come unico depositario di idee e talenti davvero significativi.

lunedì 9 maggio 2011

Quando emigrano le donne



L'emigrazione femminile continua ad essere un fenomeno poco indagato, specialmente se si tratta di emigrazione italiana, nel presente e nel passato, limitata al territorio nazionale o diretta all'estero. Come in molti altri casi, l'interpretazione dei movimenti migratori spesso prescinde dall'adozione di una prospettiva di genere indispensabile per capire le motivazioni che spingono le donne, specie se sole, a lasciare la propria terra d'origine e per individuare le modalità attraverso le quali avviene il loro inserimento nel contesto sociale di arrivo.
Il documentario Il mio quartiere si chiama Europa, realizzato da Francesca Nota tra Aosta e Parigi, prova a mettere a confronto le testimonianze di quattro donne di differenti generazioni che hanno vissuto o stanno vivendo importanti esperienze migratorie. Si tratta di un primo lavoro, volutamente parziale, finalizzato a mettere in luce i tratti comuni e le differenze tra l'emigrazione femminile italiana di ieri e di oggi. 
In un contesto come l'attuale in cui i migranti, uomini o donne che siano, sono detti "clandestini" e vengono raccontati dai media come massa indistinta, senza nome e senza volto, appare più che mai necessario dare voce, nome e volto a chi si mette in cammino. Fare questo, ascoltando i racconti di donne che potrebbero essere le nostre nonne, madri, sorelle, amiche significa avvicinare lo sguardo alla realtà quotidiana di chi ha dovuto e forse anche voluto andare a vivere altrove.


Il documentario Il mio quartiere si chiama Europa verrà presentato oggi in anteprima alle ore 17.00 ad Aosta presso il CSV e questa sera alle ore 21 all'auditorium della biblioteca di viale Europa.
Chi fosse interessata ad organizzare una proiezione pubblica può scrivere a quartiereeuropa@gmail.com



lunedì 2 maggio 2011

Il lavoro delle donne

Venerdì scorso Dora ci ha provato. La serata era dedicata al tema del lavoro, il lavoro delle donne o, se si preferisce, delle donne nel mondo del lavoro. Ci siamo però trovate in sei, bibliotecari compresi che erano venuti, anche e non solo, per aprire la sala, e abbiamo deciso di rimandare l'incontro. Poco male, direte, sono cose che capitano, specie di venerdì quando avere una settimana di lavoro, per l'appunto, sulle spalle appare un buon motivo per occuparsi di altro almeno per una sera. E sì, probabilmente è tutto vero, ma è vero anche che di lavoro si parla sempre meno, cancellato com'è dalla parola "crisi", diventata buona per giustificare tutto, dai licenziamenti al logoramento progressivo dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Eppure di lavoro bisognerebbe parlare seriamente perché seri sono i problemi aperti e preoccupanti gli scenari che abbiamo di fronte anche nel prossimo futuro. Non è la crisi, ad esempio, che determina la bassa occupazione femminile nel nostro paese, un'anomalia economicamente e socialmente pericolosa che dura da sempre e che ora il venir meno di adeguate politiche di welfare stanno trasformando in una "virtù muliebre" indispensabile alla sopravvivenza quotidiana delle famiglie.
Non lavorare, lavorare poco e precariamente è la strada indicata anche alle tante donne che pure hanno investito nella propria istruzione, sognando legittimamente un futuro professionale diverso dalla prestazione quotidiana di servizi di cura e di accudimento non retribuiti. Ed è questo un tornare indietro che tocca il tema cruciale dei diritti - al lavoro, alla realizzazione di sé, all'equa ripartizione tra uomini e donne dei compiti familiari - e che viene ingannevolmente occultato dietro una coltre di fallaci luoghi comuni sulla naturale aspirazione femminile all'occupazione domestica e all'abnegazione materna.
Dati alla mano, nei paesi in cui maggiori e meglio funzionanti sono i servizi sociali più ampia è la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e laddove le donne lavorano stabilmente e godendo di diritti certi e riconosciuti si fanno più figli e minore è il ricorso all’impiego di lavoratori/lavoratrici domestici. Come ci ricorda la storica Raffaella Sarti, curatrice del volume Lavoro domestico e di cura: quali diritti?, tra le tante anomalie italiane vi è quella della forte presenza di colf e badanti nelle famiglie. Si tratta specialmente di lavoratrici, spesso immigrate, che ancora oggi non solamente ingrossano, e non certo per libera scelta, le fila del lavoro nero, ma godono anche, seppure “in regola”, di scarse tutele e di diritti incerti, riproponendo di fatto in pieno terzo millennio il “lavoro servile” come accettabile e necessario al buon andamento familiare e alla stabilità sociale.
Anche la nostra piccola realtà non è estranea alle articolate problematiche che investono il mondo del lavoro in generale e coinvolgono, in particolare, le donne che lavorano o che vorrebbero farlo. Ne ha parlato la Consigliera regionale di parità, Nadia Savoini, nella relazione presentata in occasione dello scorso 8 marzo; la sociologa Chiara Saraceno, intervenuta ad un convegno promosso ad Aosta dall’Azienda sanitaria regionale, si è soffermata sulle difficoltà, anche e soprattutto culturali, che incontrano le politiche di conciliazione; la Consulta per le pari opportunità ha di recente presentato un rapporto sullo stato di attuazione delle politiche di parità in Valle d’Aosta che offre notevoli spunti di riflessione proprio in materia di lavoro femminile e anche Dora è intenzionata a dare il suo contributo al dibattito. Lo farà, ne siate certe, appena possibile, evitando come la peste i venerdì sera e contando ancora una volta sulla preziosa disponiblità della biblioteca di Donnas.

lunedì 25 aprile 2011

Cose che ci tocca leggere, ma per fortuna anche no

La fascistissima, storicamente parlando, casa editrice fiorentina Vallecchi dà alla stampe proprio intorno al 25 aprile, con un tempismo che un tal Langone di "Libero" non si esime da rimarcare, un libro di poesie dal titolo provocatorio e furbescamente dotto: Ogni donna ama un fascista. Lo firma Gemma Gaetani , autrice per fortuna sconosciuta ai più, che tra le tante perle di saggezza "futurista" ci regala, ad esempio, questa:
"La donna che lavora è un controsenso. / Non è rivoluzione, è involuzione. / Con gran sincerità, io questo penso / e per me è un dogma, non un’opinione". 
Ora, con nostra grande soddisfazione, possiamo: 1. non curarci dei "dogmi" e persino delle opinioni della signora Gaetani 2. restare fermamente ancorate al convincimento che rime alternate e versi traballanti, aggiunte alla convinzione che "poesia" sia andare a capo appena si può, non rappresentino in alcun caso un prodotto letterario e pertanto non meritino in genere la dignità della stampa. In aggiunta, ci resta solo da evidenziare che per quanto Gaetani e scriventi femmine affini siano portate in palmo di mano da Vallecchi e strombazzate come autrici degne di nota da "Libero", non sarà certo per questo che smetteremo di considerare il machismo (di destra e di sinistra) ridicolo ed esecrabile e il maschilismo un fatto culturale che il fascismo seppe esaltare e che purtroppo nessuna Liberazione è mai intervenuta a cancellare del tutto.
Con buona pace del giornalista Langone, questo 25 aprile non lo passeremo "audacemente" con in mano l'inno poetico agli "uomini veri", ma ancora una volta torneremo con il pensiero a omaggiare i partigiani tutti e in particolare le donne della Resistenza e la Resistenza delle donne, quella fatta con le armi e senza, come ci ha spiegato Anna Bravo. Perché a loro, a quegli uomini e a quelle donne dobbiamo la possibilità - politica e culturale - che ancora ci rimane di superare questi tristi tempi, arroganti e stupidi.

domenica 24 aprile 2011

Cose che ci tocca sentire

Arriviamo al dì di Pasqua accompagnate dalle farneticazioni di Giovanardi sulla "famiglia naturale" e ci chiediamo quanti decenni ci vorranno per tornare ad essere un paese accettabilmente civile e mediamente colto. Per il momento ci tocca plaudere all'ufficio stampa di una multinazionale, l'Ikea, che di veramente buono ha il marketing "pluralista": single, coppie gay, famiglie multietniche, allargate, ricostituite (come si usa dire con orrendo termine sociologico), tutti e tutte vanno bene per comprare divani e cucine a poco prezzo. Ma questo è mercato, mentre altra cosa sono i diritti civili negati, l'omofobia strisciante di chi ci governa e quella sempre più diffusa nel paese.Un paese sempre più ignorante, il nostro, che non ricorda nemmeno Una giornata particolare di Ettore Scola, che non ha mai letto Contro natura di Francesco Remotti, non ha mai visto neanche un film di Almodovar o almeno Milk di Gus Van Sant. 
Certo, la "famiglia naturale" ha per molti un'aura rassicurante, racconta la favola bella di un uomo, una donna e tanti bambini intorno. Nulla si dice però delle tante mogli ammazzate dai mariti, delle diseguaglianze tra uomini e donne che i ruoli famigliari tradizionali perpetrano e alimentano. E nemmeno ci si cura dei diritti calpestati dei bambini, "naturale" frutto di quelle "naturalissime" famiglie, a cui si prospetta un avvenire fatto di pochi asili, poco verde, scarsa istruzione e infine un precariato lavorativo spacciato per dinamismo economico. Figuriamoci, quindi, se in questo contesto si può parlare seriamente, come si dovrebbe fare, dei diritti degli omosessuali. No, meglio additarli come soggetti estranei addirittura alla Costituzione, cellule malate di un corpo sociale che si regge sulla virile potenza dei lombi, muscoli "naturali" cari, come si sa, al Ventennio e ai suoi attuali epigoni.

sabato 23 aprile 2011

Il Nobel per la pace 2011 alle donne africane

Giovedì scorso Ranzie Mensah ha inaugurato il ciclo di incontri informativi Da donna a donna, promosso da Dora, illustrando le ragione della campagna internazionale per l'assegnazione del Nobel per la pace 2011 alle donne africane.
Sul sito della campagna trovate le motivazioni dell'iniziativa.
Dora ringrazia Ranzie per il suo appassionato intervento e tutte le donne e gli uomini che sono intervenuti alla serata manifestando vivo interesse per il tema trattato. Un grazie speciale alla biblioteca di Donnas che ha sostenuto la nostra iniziativa.

venerdì 22 aprile 2011

Chi è Dora? e soprattutto, chi sono le "altre"?

Nel 1978 Rossana Rossanda parla su Radio3 di donne e politica e di politica delle donne. Lo fa da "non femminista", parla in più riprese della "questione femminile" di cui non si era mai occupata prima direttamente. Quelle conversazioni diventano un libro, significativamente intitolato Le altre, che molte di noi hanno letto essendo nate e cresciute dopo la stagione "eroica" del femminismo storico e volendo però saperne qualcosa, pur mantendo una certa distanza da quelle donne e da quella stagione di lotte ormai lontane .
Passati più di trent'anni, la prospettiva sembra essersi rovesciata: "le altre" non sono le femministe ma le donne che mai accetterebbero di essere definite tali, mentre Dora fa parte di quell'arcipelago di soggetti collettivi che compongono il postfemminismo e che animano il dibattito attuale sul ruolo, la condizione, i diritti, la cultura delle donne nella nostra società.
In questo nuovo contesto, Dora prova a dire la sua. E prova dirla anche alle "altre", a quelle donne che pensano che "maschilismo" e "potere patriarcale" siano espressioni prive di fondamento, a quelle donne che non si dicono "femministe" per paura di un pensiero critico che nemmeno conoscono, a chi è convinta in cuor suo che le "femministe" odino gli uomini, forse perché respinte, infelici e rancorose. Oppure perché "femminismo" è un termine che rimanda a élite intellettuali di donne che poco o nulla hanno che vedere con la realtà e i problemi di chi ignora i dibattiti sul genere ma che con il proprio "genere" deve fare i conti tutti i giorni, al lavoro, in famiglia, nelle relazioni.
Dora prova a dire la sua anche attraverso questo blog. Perché abbiamo bisogno di donne critiche, di donne pensanti, di donne che si interrogano su loro stesse e sul rapporto con le altre e con gli altri, soprattutto. Perché l'etichetta da temere non è quella del femminismo, ma quella derivata dall'accettazione supina di modelli che ci ingabbiano in ruoli che non vogliamo e che non scegliamo, ma che il pensiero maschile dominante pensa e vuole per noi.