lunedì 25 aprile 2011

Cose che ci tocca leggere, ma per fortuna anche no

La fascistissima, storicamente parlando, casa editrice fiorentina Vallecchi dà alla stampe proprio intorno al 25 aprile, con un tempismo che un tal Langone di "Libero" non si esime da rimarcare, un libro di poesie dal titolo provocatorio e furbescamente dotto: Ogni donna ama un fascista. Lo firma Gemma Gaetani , autrice per fortuna sconosciuta ai più, che tra le tante perle di saggezza "futurista" ci regala, ad esempio, questa:
"La donna che lavora è un controsenso. / Non è rivoluzione, è involuzione. / Con gran sincerità, io questo penso / e per me è un dogma, non un’opinione". 
Ora, con nostra grande soddisfazione, possiamo: 1. non curarci dei "dogmi" e persino delle opinioni della signora Gaetani 2. restare fermamente ancorate al convincimento che rime alternate e versi traballanti, aggiunte alla convinzione che "poesia" sia andare a capo appena si può, non rappresentino in alcun caso un prodotto letterario e pertanto non meritino in genere la dignità della stampa. In aggiunta, ci resta solo da evidenziare che per quanto Gaetani e scriventi femmine affini siano portate in palmo di mano da Vallecchi e strombazzate come autrici degne di nota da "Libero", non sarà certo per questo che smetteremo di considerare il machismo (di destra e di sinistra) ridicolo ed esecrabile e il maschilismo un fatto culturale che il fascismo seppe esaltare e che purtroppo nessuna Liberazione è mai intervenuta a cancellare del tutto.
Con buona pace del giornalista Langone, questo 25 aprile non lo passeremo "audacemente" con in mano l'inno poetico agli "uomini veri", ma ancora una volta torneremo con il pensiero a omaggiare i partigiani tutti e in particolare le donne della Resistenza e la Resistenza delle donne, quella fatta con le armi e senza, come ci ha spiegato Anna Bravo. Perché a loro, a quegli uomini e a quelle donne dobbiamo la possibilità - politica e culturale - che ancora ci rimane di superare questi tristi tempi, arroganti e stupidi.

domenica 24 aprile 2011

Cose che ci tocca sentire

Arriviamo al dì di Pasqua accompagnate dalle farneticazioni di Giovanardi sulla "famiglia naturale" e ci chiediamo quanti decenni ci vorranno per tornare ad essere un paese accettabilmente civile e mediamente colto. Per il momento ci tocca plaudere all'ufficio stampa di una multinazionale, l'Ikea, che di veramente buono ha il marketing "pluralista": single, coppie gay, famiglie multietniche, allargate, ricostituite (come si usa dire con orrendo termine sociologico), tutti e tutte vanno bene per comprare divani e cucine a poco prezzo. Ma questo è mercato, mentre altra cosa sono i diritti civili negati, l'omofobia strisciante di chi ci governa e quella sempre più diffusa nel paese.Un paese sempre più ignorante, il nostro, che non ricorda nemmeno Una giornata particolare di Ettore Scola, che non ha mai letto Contro natura di Francesco Remotti, non ha mai visto neanche un film di Almodovar o almeno Milk di Gus Van Sant. 
Certo, la "famiglia naturale" ha per molti un'aura rassicurante, racconta la favola bella di un uomo, una donna e tanti bambini intorno. Nulla si dice però delle tante mogli ammazzate dai mariti, delle diseguaglianze tra uomini e donne che i ruoli famigliari tradizionali perpetrano e alimentano. E nemmeno ci si cura dei diritti calpestati dei bambini, "naturale" frutto di quelle "naturalissime" famiglie, a cui si prospetta un avvenire fatto di pochi asili, poco verde, scarsa istruzione e infine un precariato lavorativo spacciato per dinamismo economico. Figuriamoci, quindi, se in questo contesto si può parlare seriamente, come si dovrebbe fare, dei diritti degli omosessuali. No, meglio additarli come soggetti estranei addirittura alla Costituzione, cellule malate di un corpo sociale che si regge sulla virile potenza dei lombi, muscoli "naturali" cari, come si sa, al Ventennio e ai suoi attuali epigoni.

sabato 23 aprile 2011

Il Nobel per la pace 2011 alle donne africane

Giovedì scorso Ranzie Mensah ha inaugurato il ciclo di incontri informativi Da donna a donna, promosso da Dora, illustrando le ragione della campagna internazionale per l'assegnazione del Nobel per la pace 2011 alle donne africane.
Sul sito della campagna trovate le motivazioni dell'iniziativa.
Dora ringrazia Ranzie per il suo appassionato intervento e tutte le donne e gli uomini che sono intervenuti alla serata manifestando vivo interesse per il tema trattato. Un grazie speciale alla biblioteca di Donnas che ha sostenuto la nostra iniziativa.

venerdì 22 aprile 2011

Chi è Dora? e soprattutto, chi sono le "altre"?

Nel 1978 Rossana Rossanda parla su Radio3 di donne e politica e di politica delle donne. Lo fa da "non femminista", parla in più riprese della "questione femminile" di cui non si era mai occupata prima direttamente. Quelle conversazioni diventano un libro, significativamente intitolato Le altre, che molte di noi hanno letto essendo nate e cresciute dopo la stagione "eroica" del femminismo storico e volendo però saperne qualcosa, pur mantendo una certa distanza da quelle donne e da quella stagione di lotte ormai lontane .
Passati più di trent'anni, la prospettiva sembra essersi rovesciata: "le altre" non sono le femministe ma le donne che mai accetterebbero di essere definite tali, mentre Dora fa parte di quell'arcipelago di soggetti collettivi che compongono il postfemminismo e che animano il dibattito attuale sul ruolo, la condizione, i diritti, la cultura delle donne nella nostra società.
In questo nuovo contesto, Dora prova a dire la sua. E prova dirla anche alle "altre", a quelle donne che pensano che "maschilismo" e "potere patriarcale" siano espressioni prive di fondamento, a quelle donne che non si dicono "femministe" per paura di un pensiero critico che nemmeno conoscono, a chi è convinta in cuor suo che le "femministe" odino gli uomini, forse perché respinte, infelici e rancorose. Oppure perché "femminismo" è un termine che rimanda a élite intellettuali di donne che poco o nulla hanno che vedere con la realtà e i problemi di chi ignora i dibattiti sul genere ma che con il proprio "genere" deve fare i conti tutti i giorni, al lavoro, in famiglia, nelle relazioni.
Dora prova a dire la sua anche attraverso questo blog. Perché abbiamo bisogno di donne critiche, di donne pensanti, di donne che si interrogano su loro stesse e sul rapporto con le altre e con gli altri, soprattutto. Perché l'etichetta da temere non è quella del femminismo, ma quella derivata dall'accettazione supina di modelli che ci ingabbiano in ruoli che non vogliamo e che non scegliamo, ma che il pensiero maschile dominante pensa e vuole per noi.